Customer Journey – Il ruolo delle relazioni nella customer experience
Mentre noi formatori del digital marketing in aula ci angustiamo per spiegare meglio possibile la frontiera del marketing 4.0 con il suo customer journey, nella vita reale ci sono ancora imprenditori e imprenditrici che non solo non tengono in minima considerazione il ruolo chiave delle relazioni nella customer experience, ma se ne fanno addirittura beffe. Un caso reale.
Customer experience management – Tratta i clienti come te stesso
Customer experience: com’è la faccenda del passaparola?
Dice Jeff Bezos:
“Se rendi i clienti infelici nel mondo fisico, ognuno di loro potrebbe dirlo a sei amici. Se rendi infelici i clienti su Internet, possono raccontarlo a seimila amici “. – Jeff Bezos – CEO, Amazon
A parte il fatto che i numeri della “propagazione” cambiano a seconda delle annate, viene da pensare che qualcosa la stiamo sbagliando. Inutile imparare a usare le stories e i reel di Instagram, a disegnare persino la mappa del customer journey quando ancora viviamo l’incapacità della gentilezza… L’esperienza che il nostro cliente farà con il nostro brand deve poggiare su capisaldi imprescindibili; e non è che bisogna aver conseguito una specializzazione in comunicazione a Palo Alto! Per essere stringati e non sbrigativi: primum non nocere, dicevano gli antichi latini; se non sai che pesci prendere, non arrecare danno è sempre una gran soluzione.
Vi potrà sembrare al limite del banale quanto affermo. Eppure vedo ancora succedere episodi incresciosi dal punto di vista relazionale che compromettono seriamente l’esperienza del potenziale consumatore. Non basta quindi che l’azienda non conosca il digital marketing; non è disposta nemmeno a fare un piccolo percorso di crescita personale onde evitare traumi al cliente e al profitto aziendale.
Spiego incessantemente in ogni corso di customer experience che il cliente è la persona a cui dai dei vantaggi; se non ne hai da offrire (e qui il prezzo non è detto che c’entri), hai un problema. Non è la crisi, la mancanza di denaro e il non sapere come solleticare il bisogno: è la totale assenza di comprensione dei bisogni del tuo target e di conseguenza la mancanza di focalizzazione sui vantaggi che puoi offrirgli. No vantaggio, no party.
Vi racconto un caso reale che lascia capire un po’ di più dell’argomento che tratto oggi.
Touchpoint customer journey: pochi secondi all’impatto
Ogni tanto esco di casa nei panni di consumatore; sono in cerca di esperienze di acquisto che mi rilassino e mi coinvolgano. Trovarle nell’ultimo anno è quanto meno improbabile e non avere il grande punto vendita all’interno del quale ronzare senza sguardi indiscreti, rende l’esperienza ancora più rara per quanto mi riguarda.
Di recente sono andata in libreria. Una libreria senza libraio, nel senso che non vado in quel luogo perché posso parlare col libraio (figura sempre più rara, ahinoi…); ci vado perché posso ciondolare tra i libri e alla fine comprarne uno (rarissimamente esco da una libreria senza almeno un libro): il top dell’esperienza relax di shopping per me (insieme alle profumerie, che anch’esse spesso peccano di mancanza di profumiere). Ho notato un libro (un manuale tecnico per essere precisi) che un’allieva di un mio collega stava cercando e ho aperto l’indice per capire cosa contenesse il libro; poi ho preso il cellulare per fotografare suddetto indice e inviarlo al collega per confrontarci se fosse o meno il libro da consigliare.
Non ho fatto in tempo!!!
Qualcuno mi ha strappato il libro dalle mani, lo ha sbattuto sulla pila degli altri libri, e ha urlato:
“Non si fa!”
Era il proprietario della libreria.
Customer journey stile Guantanamo? No, grazie!
Sono rimasta impietrita. Nella mia vita tutto mi sarei immaginata tranne che qualcuno potesse farmi una ramanzina in una libreria. Per me la libreria equivale a una passeggiata nei boschi: può essere solo un piacere. E invece no! Sgomento e frustrazione a parte, non so nemmeno se stessi facendo qualcosa di illecito, ma il modo in cui sono stata ripresa è sicuramente discutibile dal punto di vista della customer experience.
Sono andata via. Non credo sia possibile che io smetta di comprare libri. Ma lì sicuramente non avverrà più, questo mi pare ovvio. Negozio da cancellare. Peccato.
Poi ho iniziato a guardare le cose da ricercatrice di comunicazione e marketing. E questo è un caso per noi, per migliorarci.
Di che parlo?
- Se ci sembra che un cliente stia facendo qualcosa che “non si fa”, non c’è bisogno di andare in escandescenza; le telecamere hanno ripreso tutto: inutile inveire contro il cliente e compromettere anche l’esperienza degli altri ospiti presenti. Semmai essere discreti. La prima regola per gestire il cliente è saper rimanere sereni sulle gambe e in volto. Non è un esercizio di stile: è consapevolezza di se stessi. Ne ho già parlato.
- Se il cliente vi manca di rispetto, non potete rimproverarlo come un bambino; state operando un transfert come minimo fuori luogo; voi siete il gerente/gestore dell’esercizio commerciale e quella persona è venuta perché aveva bisogno di comprare quel bene; ci sono delle regole certamente, ma farle rispettare non prevede mancare di rispetto; anche se vi mancano di rispetto. Il leader non urla perchè non perde mai di vista l’obiettivo. Poi a casa da pugni al sacco e sfoga la rabbia. Siamo tutti esseri umani.
- Il distanziamento sociale: la persona mi ha parlato a pochissima distanza (credo 40 cm); per istinto ho fatto un balzo all’indietro; regole base non rispettate anche in questo caso. Un grande atto di violenza di questi tempi.
E poi ho pensato: sui social network per una cosa così vi annichiliscono. Vi riducono in poltiglia. Ho cominciato a ragionare su ciò che incredibilmente avevo vissuto. No, tranquilli, non avevo propositi di vendetta, anche perchè come recita un proverbio leccese: il polpo si cuoce nella sua acqua. Inutile infierire. Queste sono case histories preziose!
So che ci sono dei clienti altamente irrispettosi, ma la domanda è: che ci fanno nel vostro punto vendita? E perché si comportano così? E voi: vi allenate ad anticipare le obiezioni?
Ho lavorato per diverso tempo in punti vendita al dettaglio, sia piccoli che grandi e capitava che il cliente si comportasse male; ho assistito anche a furti e rapine; continuo a credere che assertività e stile aggressivo siano due atteggiamenti diversi. Anche saper accompagnare alla porta è una grande capacità di gestione del cliente.
Posso dire ad un cliente nel mio punto vendita:
“Le chiedo un momento di attenzione!”
Se possibile con fare morbido e sorridente.
Altra cosa è strappare il libro dalle mani del cliente e sbatterlo: lo stile pedagogico Rottermeier, a mia memoria, non pare abbia dato risultati sociali positivi.
La tentazione di educare il cliente so che per molti è un istinto fortissimo: desistete! Se volete fare gli educatori andate nel posto giusto: il negozio, l’attività di vendita, il customer service non lo sono. Lì possiamo solo creare un luogo di esperienza felice per i nostri clienti. Chi ci riesce del resto è tenuto in grande stima perchè quello è un mestiere per persone in gamba. E fidatevi anche del fatto che fare l’educatore è un mestiere difficilissimo.
Ho provato, cercando di mantenere un aplomb, a spiegare che mi occorreva un confronto sull’utilità di quel libro. La risposta è stata un altro urlo:
Cestini la foto!
Una postilla.
I libri si scelgono anche a sentimento, sicuramente. Ma con una connessione internet a disposizione in tempo reale io posso fare un check:
- delle recensioni esistenti;
- delle opinioni degli “esperti”;
- chiedere consiglio ai miei amici/colleghi.
Le librerie spesso non hanno nemmeno una paio di sedie per prendersi un tempo per fare delle valutazioni. Allora io mi chiedo: ma cosa sto comprando? Un pacco di rigatoni?
Svecchiate le librerie vi prego! O non lamentatevi che compriamo online! Lasciateci vivere quest’esperienza meravigliosa che si chiama scegliersi un libro a modo nostro! Rendetevi conto che ci sono ebook e audio libri e si fa tutto con uno smartphone. Scendete qui sulla terra, cari rivenditori di libri! Chi vi parla è una feticista della carta che però crede nell’intelligenza artificiale. L’algoritmo di Amazon è in grado di consigliarmi un libro sulla base delle mie ricerche e degli acquisti. Nella libreria fisica invece non è detto che io abbia un supporto.
Mettete degli schermi touch che permettano di leggere le recensioni dei libri, o la quarta di copertina in digitale, o ancora di fare ricerche all’interno della libreria perchè l’archiviazione non sempre è fatta in modo “usabile”.
E se dei librai sono in ascolto, per favore, non vi arrendete! Abbiamo bisogno di voi!
Firmato: un’indesiderata ladra di indici dei libri.