Come rintraccio gli ostacoli del talento da mental coach
Qual è la differenza tra chi è bravo e chi non lo è? Come si fa a diventare professionisti in qualcosa? Il talento è un dono innato? Chi non riesce a spiccare il volo è un pollo?
Se oggi faccio la coach credo che sia in forza di una linfa che mi scorre dentro che ha nome curiosità sociale. Mi piace parlare con le persone, scoprirle, esplorarle, esplorare cosa può fare la parola quando la si pronuncia, osservare i comportamenti risultanti. Mi piace rintracciare i talenti, soprattutto quelli femminili. Qualche tratto della mia storia e dei miei pensieri in merito al talento.
Intelligenza interpersonale: ascoltare attivamente e leggere tra le righe
L’intelligenza interpersonale a volte mi consente di intravedere un “talento” particolare. Mi dicono che parlo con le persone con la confidenza di relazioni di vecchia data. Sono depositaria di molte confessioni borderline rispetto al lavoro che faccio, ma non ho mai sentito la necessità di fermare nessuno mentre mi parlava. Ho imparato però a distinguere il talentuoso che racconta un ostacolo alla crescita dal lamento vero e proprio che potrebbe sfociare nel pettegolezzo.
Come non essere professionali: lamento e invidia
Chi mi conosce sa che non sono avvezza né alle lamentele, né ai pettegolezzi di invidia. Sul lavoro reputo estremamente fondamentali per costruire relazioni sane e per sviluppare il proprio talento i seguenti atteggiamenti:
- evitare di lamentarsi;
- parlare male di qualcuno.
Pensiamoci un attimo: sono i due comportamenti onnipresenti sui social network: lamento e invidia.
Ognuno di noi farebbe bene a individuare bene una strategia nel caso in cui qualcuno venisse proprio sul nostro profilo a comportarsi in questo modo. Come? Partendo da noi stessi e dal nostro senso di autenticità.
Avete mai visto Piero Angela lamentarsi in pubblico?
Sono una sostenitrice di questo pensiero: invidia e atteggiamento di lamento lacerano la crescita del talento. In sostanza chi si lamenta e critica continuamente gli altri non arriva da nessuna parte. Da dove deriva questo atteggiamento?
Costruire è più difficile che demolire. Tipico di chi guarda le fattezze del dito mentre tu indichi la luna. Vi è mai capitato? Voi portate a casa un successo professionale o personale e la persona a cui lo state raccontando sminuisce quello che avete fatto o critica l’organizzazione dell’evento.
Ad esempio: voi parlate di un argomento spinoso e complesso ad una conferenza di esperti e la persona a cui lo raccontate vi dice: si, ma erano solo in 10 ad ascoltarti. E che ci vuole a organizzare un evento con 10 persone?
Dipende chi sono queste dieci persone, direi!
La commissione di laurea: 10 professori per la futura consulente filosofica
Quando ho sostenuto la sessione di Laurea, la commissione era composta da una decina di persone, compreso il mio relatore di tesi. Portavo come argomento una ricerca su un pacifista importantissimo della storia (italiana), Aldo Capitini. Una figura molto carismatica che mi aveva affascinato molto e che avevo studiato in tante sfaccettature delle sue contraddizioni e delle contraddizioni della storia italiana.
A ragione della mia media del voto di esami, aspiravo al 110. Quindi non avevo paura.
Forse il mio viso tradì questa totale assenza di paura o forse doveva essere proprio così la procedura di discussione della tesi; successe che un professore della commissione esaminatrice mi contestò la tesi. Ottimo, pensai, con mio senso dell’umorismo che in quei momenti si presenta a sdrammatizzare tutto.
Io guardai il mio relatore che mi fece cenno di non dargli corda. Della serie: d’ufficio ti daremo 110 e lode, chi te lo fa fare?
Un film! Tutto un gioco di occhi alla Tarantino, immaginavo il montaggio che ne avrei fatto se solo avessi potuto riprendere con una video camera anziché stare seduta lì dov’ero.
A 24 anni io avevo sempre un motivo che me lo faceva fare. Anche adesso, ma l’età, si sa, ci mitiga. Quindi gli occhi che mi chiedevano chi te lo fa fare, li rimbalzai, facendo impercettibilmente di no con la testa. Un altro professore con cui avevo sostenuto un altro esame importante e interessante e con cui c’era tanta stima reciproca, mi alzò la palla per la schiacciata. E io schiacciai.
Che sfacciata, Mariangela!
Ma che divertimento, vorrai dire!
Il talento è l’atteggiamento di chi non si lamenta
Il talento è quando sai chi te lo fa fare. E ti dai la pena di schiacciare anche se hai diritto già al massimo.
Fu un’impresa faticosissima. Quando rividi il video della sessione rimasi impressionata dalla faccia tosta che avevo avuto. Ero incosciente ovviamente, altrimenti non parlerei così del mio talento, auto elogiandomi. Ma oggi so che quell’atteggiamento è quando hai qualcosa che ti tocca dentro e vuole uscire. Ero preparata e mi piaceva molto il confronto con chi ne sapeva più di me. Perciò parlai, argomentai, discussi: mi potevo accontentare e andare con un filo di gas. Ma dentro di me pensavo che magari sarebbe stata l’unica volta che mi sarei laureata, perché perdere il piacere dell’occasione?
Ci si può accontentare o si può ambire a traguardi più alti. Sono sempre scelte personali.
Una mental coach e lo specchio
Se oggi sono consulente di comunicazione e coach credo che sia in forza di questa linfa che mi scorre dentro. Mi piace parlare con le persone, scoprirle, esplorarle, esplorare cosa può fare la parola quando la si pronuncia, osservare i comportamenti risultanti. A volte oso perché mi incuriosisce la reazione, l’ebbrezza dello sperimentare è così esaltante! Anche se nel lavoro bisogna agire con prudenza, oggi ho maggiore consapevolezza che i miei clienti da me vogliono esattamente questa specularità del loro talento, sapere che più lo specchiano, più cresce; più criticità mostro loro, più lo alimento per il verso giusto. Faccio da mentore, semplicemente facendo vedere in modo evidente ciò che, non mettendolo in atto, degrada verso la frustrazione.
Curare il proprio talento
Perciò, per tornare a chi sosteneva che una decina di persone non sono granché, propongo la mia sessione di tesi con i 10 professori che mi ascoltavano: 10 persone che mi ascoltarono furono qualcosa che mi cambiò la vita. In meglio.
Mi costò arrivare lì. Il talento che cresce è un cammino in solitudine, spesso combattendo contro la sindrome dell’impostore.
Il grande talento può incutere timore agli altri e non essere compreso. Perciò lasciate sempre un piccolo posto per voi nell’arco della giornata dove esercitare il vostro talento con chi assolutamente non lo può giudicare in negativo. Lasciate che ogni giorno il vostro talento si eserciti, alimentatelo, nutritelo, frequentatelo, comprendetene le sfumature, limatelo, precedetelo nelle contraddizioni, risolvetele. Il modo in cui coltivate il talento è il vostro sottofondo interiore che il vostro cliente apprezzerà maggiormente.
Il coaching e le mie passioni
Passo molto tempo a riflettere, leggere, curiosare qua e là. Rifletto su ciò che ho visto, leggo appunti apparentemente incoerenti, scritti per liberare il pensiero da convenzioni del momento, viaggio senza meta per far spaziare la visione, cammino molto: do modo al pensiero di distendersi, di fare stretching, di allungarsi senza fretta, così da dargli modo di tastare quello che ha percepito, memorizzato, registrato. Questo mi permette di allenare l’intelligenza interpersonale, di capire con poche parole la richiesta, di demistificare comportamenti; questo mi permette di esercitare il pensiero critico e l’analisi degli scenari in maniera efficace, portando benefici a chi si avvale della mia consulenza di comunicazione e di management.
Talentuosi si nasce o si diventa dunque?
Qual è la differenza tra chi è bravo e chi non lo è, Mariangela? Diccelo, ce l’hai promesso all’inizio!
Ed eccoci allora. Questo è ciò che ho compreso io finora.
Il bravo (il talentuoso) ha provato e riprovato, si è esercitato mille volte sulla stessa cosa. Il bravo ha diecimila ore di esperienza sulla singola sfaccettatura di una faccenda. Come dire:
- il bravo scrittore ha applicato la consecutio temporum per diecimila ore complessive;
- il bravo cuoco ha affettato col trinciante per anni interi della sua vita;
- il bravo sarto ha rifinito giacche da uomo per decenni;
- il bravo giardiniere coltiva rose del suo giardino tutti i giorni.
La bravura è costanza, il talento è costanza, il genio è costanza.
La fortuna è una scusa per chi non ci prova nemmeno.
Coltivate il vostro talento ogni giorno! Regalatevi questa energia!
Peraltro, avete provato a calcolare quante sono 10 mila ore di esperienza?